di Alice Romanini

Intelligenza dal latino “intelligentia”, derivante dal verbo “intelligo” – leggo attraverso, capisco. Si tratta quindi di un capire successivo ad una lettura che, “attraversando” l’oggetto in questione, ci porta ad una conoscenza, ad una comprensione. Si dovrebbe trattare quindi di un processo critico che porta ad una sintesi autonoma. (Critico dal greco κρίνω, separo, scelgo, decido e non polemizzo, come oggi spesso si intende o quantomeno si pratica, Sintesi dal greco συν-τίθημι, pongo insieme, compongo e non semplifico magari fino a banalizzare)

Ora io mi trovo in un ambiente, quello universitario, che per primo toglie e svuota di ogni valore questi procedimenti. L’educazione e l’alta formazione accademica sono tutt’altro che garanzia di un’azione illuminata e di coerenza con un senso comune di giustizia e onestà intellettuale. Gli esami, i loro contenuti, prima ancora le lezioni, il sistema di crediti e punteggi codificati e acritici riducono l’apprendimento sempre più a sapere nozionistico scevro da ogni riflessione, finalizzato a scopi meccanicamente acquisibili (per non dire acquistabili).

E’ più una lotta per la sopravvivenza guidata da una generale disaffezione e disinteresse per il carico umanistico e umano che ogni materia e disciplina ha alla sua origine e dovrebbe avere come sua finalità; l’unica logica con la quale si è costantemente obbligati a fare i conti è una logica di profitto e di meta, di arrivismo insomma.

Neodiplomati, «manager», architetti, giuristi, politici e la massa di addetti ad un sistema così libero da diventare cieco e stupido, lavorano alacremente come formichine per il bene del mercato, convinti che tutto funziona così inevitabilmente. Preparano banali istruzioni senza le quali lo stupido consumatore non può acquistare e poi usare il prodotto. Confezionano norme di standardizzazione, codici, leggi convenzionali sempre più ingarbugliate che annichiliscono il buon senso. Affrontano il loro lavoro con un’intelligenza menomata, che si lascia guidare sempre più da forze inferiori, le quali distruggono l’amore per la verità necessario per lo sviluppo dell’intelligenza umana.” (Gian Marino Martinaglia)

 «L’intelletto sano: l’Io superiore, che è libero dall’egoismo e ha la capacità del pensare intuitivo (intelligenza del cuore) può essere raggiunto solo attraverso l’amore per la Verità e per ogni essere vivente».
Così scrive all’inizio del suo saggio “Filosofia dell’intelligenza” Ivo Schnyder, ricordando anche le parole del filosofo tedesco Goethe: « Quello che come primo e come ultimo dal genio viene richiesto è l’amore per la Verità».

E’ una “fatica” trovare qualcuno che creda ancora in qualcosa che sia un valore umano o una sincera amicizia; è più facile trovare persone che magari ne soffrono la mancanza ma che sono anche pronte a svenderle senza troppe remore o rimorsi, perché “tanto il mondo va’ così e se vuoi farti strada … “.

Tutti ciò è molto amareggiante ma mi ha anche insegnato ad apprezzare ancora di più quelle persone nelle quali ho riconosciuto un’irriducibile onestà intellettuale e morale (che non significa che non commettano errori o non ne abbiano commessi, ma significa che hanno saputo riconoscerli e porci rimedio, hanno cioè fatto un’analisi, un percorso di comprensione libero da ogni pregiudizio, e sono arrivati ad una sintesi critica … hanno saputo procedere con “intelligenza”).

Tutto questo panegirico parte da alcune riflessioni che mi sono venute leggendo gli articoli, e soprattutto i commenti, ad alcuni articoli pubblicati sul blog.

Quello chge in molti casi mi è sembrato è che siano stati usati (gli articoli) come pretesto per rispondere senza la volontà di ascoltare ciò che c’era scritto e che veniva raccontato, senza la volontà di capire.

Manca spesso una qualunque forma di “potenziale messa in discussione” di sé stessi e dei propri ideali i quali vengono portati avanti come fossero una necessità imperturbabile; ho come la sensazione che ci sia un completo ribaltamento nell’approcciarsi a qualunque argomento.

E quindi il problema più generale non è un problema di intelligenza logico-matematica ma mancanza di quelle che vengono definite intelligenza interpersonale (riguarda la capacità di comprendere gli altri, le loro esigenze e di promuovere modelli sociali e personali vantaggiosi. Si può riscontrare specificamente genericamente in quanti possiedono spiccata empatia e abilità di interazione sociale), intelligenza intrapersonale (riguarda la capacità di comprendere la propria individualità e di sapersi immedesimare in personalità diverse dalla propria. E’ considerata da Gardner una “fase” speculare dell’ intelligenza interpersonale, laddove quest’ ultima rappresenta la fase estrospettiva) e intelligenza esistenziale (rappresenta la capacità di riflettere consapevolmente).