di Luciano Fiorani

Continuano senza posa le manifestazioni brezneviane. Stavolta si è preso a pretesto l’apertura della sezione lattanti nell’asilo nido del Bagnolo. Per chi si fosse perso la parata, nessun problema. Verrà replicata a dicembre, in occasione del decennale dell’asilo. Sorvoliamo sul modo in cui è stata raccontata questa ennesima manifestazione tardo sovietica con l’immancabile presenza dell’assessore regionale ai trasporti. Cogliamo invece l’occasione per fornire qualche spunto di riflessione sia sulla Chiusi, che è sempre più oltre, che nel merito del servizio in questione.

Tanto per capire di cosa si parla, a Città della Pieve (non a Reggio Emilia!) l’asilo nido è in funzione da trent’anni. E da trent’anni accoglie bambini al di sotto dei dodici mesi. Generazioni di bambini chiusini hanno frequentato quei locali pievesi. Dov’è quindi la grande novità del nostro asilo? Semmai, si è semplicemente colmata una lacuna, se di lacuna si può parlare. Come, perchè e in che tempi è sorto il nostro asilo nido, per chi non lo sapesse, è stato ripetutamente raccontato dai giornali locali. Ed è una storia emblematica della chiusinità amministrativa.

E veniamo al servizio vero e proprio. Gli asili nido, pensati nell’ottocento, nascono nelle fabbriche come nursery per la donna che lavora. Sulla spinta ideologica comunista e femminista diventano servizi territoriali di emancipazione per la donna e opportunità di socializzazione precoce per il bambino. Appaiono in Italia agli inizi degli anni settanta, in Emilia Romagna (quelli si fiore all’occhiello e studiati dai più avanzati paesi occidentali!), per poi diffondersi su larga scala con l’avanzata elettorale del Partito Comunista.

Ma la funzione e il senso di questo servizio si sono inevitabilmente trasformati negli anni, sia per la necessità dei comuni di rientrare nei costi sia per la trasformazione sociale del paese, tanto che oggi di fatto sono un aiuto alle famiglie abbienti. Solo l’ampliamento necessario ad accogliere la nuova sezione lattanti è costato, a Chiusi, circa 500.000 euro, più un contributo delle ditte appaltatrici che hanno generosamente contribuito (?). Per le classi povere non esiste nulla di equivalente. Mandare un bambino all’asilo costa svariate centinaia di euro e questo fa la differenza. Oggi è praticamente impossibile trovare tra i bambini dei nidi un figlio di operai e precari, per non parlare di disoccupati o immigrati. Decenni fa negli asili venivano accolti i bambini delle coppie che lavoravano ma anche quelli segnalati dai servizi sociali; quelli cioè di famiglie povere o con problemi seri che venivano accolti gratis. Dove vanno oggi questi bambini? Non certo all’asilo del Bagnolo. Per le famiglie povere vale l’antica norma dell’arrangiarsi, perchè i servizi sociali sono ormai troppo cari.

E mentre si festeggia e si sbandiera, l’asilo nido ci appare invece alla luce del principio di don Milani del “non fare parti uguali tra disuguali”, perchè l’apparente neutralità è tutta a vantaggio degli avvantaggiati