di Silvy Fuschiotto*

Vorrei approfittare di questo spazio non per denunciare le conseguenze della pseudo riforma Gelmini – la macchina si è ormai messa in moto e gli effetti hanno già cominciato a palesarsi,  sebbene non ancora in tutta la loro forza, non è più tempo di denunciare un bel niente!- quanto per avviare una riflessione su di essa.

Una riflessione dal generale al caso specifico poichè credo che a forza di parlare di numeri, di cifre, di economia, si sia persa la cognizione reale dei problemi. Dietro le cifre abilmente sbandierate da quegli scellerati ci sono persone: persone che fino a ieri mangiavano, pagavano il mutuo e mandavano avanti la famiglia; ragazzi che, più o meno proficuamente, studiavano e crescevano dentro e attraverso la scuola, diventavano essi stessi persone; continuano ancora oggi a farlo, obbietterete voi…..mi chiedo solo, come? Con quali risultati e con quali prospettive?

La scuola italiana – quando parlo di scuola io parlo di scuola PUBBLICA , per sua natura essa non può essere che pubblica -, presentata come inefficace, come il più grande ammortizzatore sociale, come ricettacolo di incapaci e fannulloni, aveva bisogno di essere rivista, di essere aiutata a crescere e a migliorarsi per colmare il gap con il mondo del lavoro…..ciò richiedeva fiducia ed investimenti, proprio quegli investimenti che gli sono stati sottratti per esigenze di mera finanza (di quella spicciola, cieca, priva di larghe vedute, opposta alle illuminate idee di Mario Draghi), salvo riapparire magicamente nella notte sotto forma di “aiuti” alla scuola privata (235 milioni di Euro più tutti i trasferimenti previsti dalle Leggi regionali, basti vedere il caso della Lombardia di Formigoni).

Volendo passare al caso locale, io vedo una scuola piegata, sebbene la Regione Toscana abbia tappato con fondi propri molti buchi e salvato in extremis molte cattedre e permesso l’attivazione di corsi altrimenti non attivabili, una scuola in cui il disagio e l’emergenza sono diventate la regola.

Vedo classi affollate in aule “tarate” per sopportare carichi di gran lunga inferiori (mi auguro che non saremo chiamati ad assistere a funerali di Stato con facce contrite al punto giusto per l’occasione ma devo dire che in cuor mio sento che la possibilità, se non il rischio, esiste, sento che non ha senso fare esercitazioni antincendio quando sappiamo bene che se dovesse capitare sarebbe facile fare la fine del topo).

Vedo l’impossibilità di fare lezione con quei numeri; una collega prossima alla pensione lo scorso anno stigmatizzò la trasformazione in atto dicendomi: “la scuola è finita! Io ho insegnato, voi potrete e dovrete solo badarli e impedire che si facciano male!”. Lì per lì mi sembrò esagerato ma ora credo che avesse solo visto lungo! Fare lezione a 33 ragazzi, come so che sta accadendo a Chiusi, è impossibile! Ai miei ex colleghi va tutta la mia solidarietà!

Vedo che a novembre inoltrato ancora non abbiamo un orario definitivo, vedo che i ragazzi arrivano trafelati e in ritardo e vedo che all’uscita rischiano di rimanere a piedi o, addirittura, sono costretti ad uscire 20 o anche 30 minuti prima. Parlo della Valdichiana, della Provincia di Siena, non parlo del profondo sud. Mi chiedo il senso di ciò, mi chiedo se chi siede a Viale Trastevere senza averne le capacità conosca minimamente la geografia di questo Paese, se sa che ci sono ragazzi che fanno anche 50 Km per andare a scuola, peraltro su strade non sempre agevoli, se sa che l’Italia non è solo la Milano o la Roma dei licei di quartiere o se solo ha mai messo piede in una scuola di provincia. Io credo di no!

Vedo un sostegno che arranca, sebbene gli Enti Locali abbiano coperto ciò che il Ministero non copre; vedo colleghi che si danno da fare ben oltre il loro compito, che rispondono alla propria coscienza prima che al loro contratto di lavoro, perché fa male vedere il ragazzo down o la ragazzina affetta da ritardo cognitivo, lieve o grave che sia, buttati là in fondo all’aula perché non ci sono i soldi per coprire tutto il loro tempo scuola! Ancora sento nelle orecchie il pianto della ragazzina (le cui menomazioni fisiche e sensoriali mi rendono difficile qualsiasi tentativo di definizione e descrizione) l’ultimo giorno di scuola dello scorso anno quando sapeva che per tre lunghi mesi sarebbe rimasta a casa a non fare un bel niente. Ed è una ragazzina di Chiusi quella di cui parlo, una ragazzina che vive in una delle Regioni più sviluppate di uno dei Paesi più sviluppati al mondo!

Ho negli occhi l’emozione della ragazzina che ieri ha soffiato le candeline della torta, festeggiata dai suoi compagni mentre il suo compagno di banco affetto dalla sindrome di Down l’abbracciava e la sosteneva. Vorrei l’avesse potuta vedere il Presidente della Provincia di Udine, il leghista che ha recentemente sostenuto che i disabili a scuola recano solo disturbo. Vorrei chiedergli quali coetanei l’avrebbero festeggiata ieri se non avesse avuto la possibilità di iscriversi a scuola!

Vorrei chiedere alla pseudo Ministra se è giusto che un docente plurilaureato e specializzato arrivi alla pensione da precario, che a cinquanta anni suonati non abbia ancora prospettive per il ruolo, se è giusto o proficuo per i ragazzi e per la qualità dell’insegnamento che non si riesca ad assicurare la minima continuità didattica (quest’anno, per la prima volta da quando insegno, sono riuscita a riprendermi due delle mie vecchie classi!), vorrei chiedergli tante di quelle cose ma temo che sia come parlare ad un muro di ignoranza e di indifferenza!

La finisco qui ma potrei andare avanti per ore e mi auguro che qualcuno sia riuscito ad arrivare in fondo a questo fiume di parole, che abbia compreso la rabbia e il disappunto per una situazione, a mio avviso, di vera e propria emergenza nazionale, prima che locale.

*Docente di Geografia Economica dell’Istituto d’Istruzione Superiore Valdichiana, Sezione Redi-Caselli

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