di Paolo Scattoni

Fra gli elaborati del Quadro conoscitivo del Piano Strutturale approvati nel luglio 2009 vale la pena dedicare una lettura attenta a quello firmato da uno studioso scomparso nel 2008, Giuliano Bianchi, (la stesura risale probabilmente al 2004) intitolato “Economia territoriale”.

Sono 82 pagine di grande interesse. In particolare da pagina 67 in poi c’è una sezione particolarmente utile: Stime e valutazioni in merito alla domanda potenziale di spazi insediativi”. Ne citerò alcuni dei passaggi conclusivi alle pagine 81 e 82.

La popolazione può esprimere una domanda di residenza “pregiata”, non massiccia ma nemmeno irrilevante, se sollecitata da un’offerta appropriata. Una domanda, però, non tale da indurre l’offerta tramite i meccanismo di mercato.”

Cosa significa? La domanda normale di mercato non giustifica nuove previsioni. Si può pensare a una limitata offerta di fascia alta.  Sarebbe comunque possibile soddisfarla nelle aree fabbricabili non ancora utilizzabili o in quelle di recupero. La relazione così continua:

Agricoltura e industria sono certamente utenti di servizi locali (…) In ogni caso non esprimono una domanda di servizi tale da indurre una domanda di spazi da parte dei fornitori locali di servizi e ancor meno capace di attivare processi di rilocalizzazione all’interno del SEL (Sistema Economico Locale) dei fornitori esterni.”

Interpretazione: non c’è domanda significativa di aree per insediamenti produttivi né al presente e neppure nel medio periodo. Una valutazione che si ritrova nel passaggio successivo:

Chiusi presenta una marcata vocazione terziaria, anche come esito del precoce processo di trasformazione della sua struttura economica. Le attività di servizio sono, per così dire, nel suo codice genetico. Tuttavia non è riconoscibile una domanda, nemmeno latente, che non sembra costituire una strozzatura che impedisca la crescita delle attività di servizio. D’altra parte l’offerta di spazi non è un fattore capace di per sé di generare nuove attività di servizio o incremento di quelle esistenti.”

Il testo è chiaro e non richiede interpretazioni come pure le conclusioni successive:

Quindi nemmeno il complesso delle attività produttive (agricoltura, industria, servizi) sembra in grado di innescare una domanda di spazi tramite i meccanismi di mercato.

La cautela di queste valutazioni deriva, oltre che dal necessario rigore analitico, anche da precedenti non positive esperienze, in Toscana e a Chiusi, di infrastrutture pubbliche progettate e realizzate con eccessivo ottimismo sulle prospettive di utilizzazione.”

Il richiamo al frigomacello, per quanto riguarda Chiusi, è evidente.

Sulla base di questo elaborato, quella che sembra ad alcuni una posizione estremista (nuovi metri cubi: zero) di non prevedere cioè la trasformazione di ulteriori aree oggi agricole per usi residenziali e produttivi è invece il naturale sbocco delle valutazioni dell’esperto. Vale ancora la pena riportare le raccomandazioni dello studioso:

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  • La prudenza e il realismo delle previsioni dimensionali e funzionali e la preventiva acquisizione su basi di ragionevole certezza, dell’interesse privato e della decisione pubblica, alla localizzazione nel sito di residenze e funzioni pubbliche;
  • le esplicite finalità di riqualificazione urbana del plesso di Chiusi Scalo;
  • la scelta di concentrare qui la massima parte possibile di servizi pubblici, come catalizzatore del processo di formazione di un centro direzionale;
  • la capacità pianificatoria di saldare l’intervento dell’ex fornace con quello del possibile centro intermodale;
  • un quadro territoriale di riferimento almeno alla scala della Val di Chiana e dei suoi immediati contorni”.

A parte il Centro intermodale, che sembra ormai definitivamente tramontato, le raccomandazioni sono del tutto condivisibili. In queste conclusioni non c’è sicuramente la previsione di 1.800.000 metri cubi complessivi, quelli filtrati recentemente. Ma neppure i 250.000 ipotizzati a Querce al Pino.

Sarà per questo che qualcuno ha tentato di rilanciare con un nuovo studio a cura della consulting Eurobic. Di questo però dovremo scrivere in futuro.