di Marco Fè

La crisi è profonda e generalizzata. Quella più evidente è economica e può essere paragonata al classico foruncolo che nasconde una malattia più profonda. Dietro alla crisi economica c’è quella politica che a sua volta deriva da quella culturale e filosofica. All’origine di tutto c’è la crisi morale, cioè l’avere smarrito il senso del bene e del male, ovvero quei valori che danno significato e dignità all’essere umano e alle sue relazioni.

Adoperarsi per curare il foruncolo dell’economia è indispensabile ma sarebbe vano se non fosse fatto tenendo presente il male di origine. C’è quindi bisogno di cambiare mentalità e prospettive d’azione, di una rivoluzione culturale, intendendo per cultura un sapere che cambia la vita. C’ è bisogno di operare nel profondo con estremo rigore morale e intellettuale, di fantasia per inventare soluzioni e prospettive inedite, di speranza per credere che questo modo di operare sia possibile.

Da quando sono scomparsi i grandi partiti è iniziato il tramonto della democrazia. Caduti infatti i principi, i valori, i diversi e contrastanti modi di perseguire il bene comune, sta raggiungendo il culmine la concezione machiavellica secondo la quale la politica è scissa dalla morale e, nel nostro caso, si è coniugata con la ricchezza ed il potere costituendo così una classe di rampanti che ha il solo scopo di esercitare il potere a loro vantaggio. Non più quindi un partito contrapposto ad un altro, ma da una parte la classe di potenti esperti nel mistificare, che solo apparentemente sono democratica espressione dei cittadini, e dall’altra la popolazione, per lo più imbonita, spesso indifferente, talora delusa, e raramente ribelle. Perché la ribellione è solo degli uomini autenticamente liberi che ancora non si sono fatti soffocare quello spirito critico che è all’origine della democrazia e del progresso.

Chi è che ha compreso per primo questa situazione è stato Craxi e chi l’ha cavalcata senza scrupoli è stato Berlusconi. Bossi si è incuneato nella separazione tra amministratori e politici agitando furbescamente la bandiera del localismo, della vicinanza ai cittadini e dell’attenzione ai loro problemi quotidiani. Questo modo di manipolare la politica lo definirei “berlusconismo”. Il guaio è che tale fenomeno non è limitato alla persona di Berlusconi ma si è diffuso in maniera trasversale nei partiti, nella società, contagiando di preferenza chi detiene qualsiasi tipo di potere. Di conseguenza l’autorità intesa come servizio è obsoleto retaggio del passato, il dialogo ed il confronto, capisaldi di ogni democrazia, non vengono più praticati perché considerati ideologiche perdite di tempo, le persone diverse e di parere contrario inizialmente sono adulate e poi comprate e, se resistenti, in maniera sempre molto soft, sono emarginate e poste in una situazione da non poter più nuocere.

Chiusi, anche se paese storicamente di sinistra, non è immune da questo fenomeno. Anzi. In occasione delle prossime elezioni amministrative, il berlusconismo è apparso in maniera ancora più evidente. Pochi se ne accorgono e di questi molti fanno finta di niente. Pochissimi sono quelli che lo denunciano. Nell’ultimo decennio sono venuti a mancare il confronto politico, il dialogo tra l’amministrazione comunale e i cittadini ed i mezzi di comunicazione sociale a diffusione provinciale e regionale sono stati uniformati e, chi non si è adeguato a questa situazione, sempre in forma molto diplomatica, è stato messo a tacere. Le uniche voci libere attualmente a Chiusi sono “Prima Pagina”e la stampa diocesana e parrocchiale. Inequivocabili sintomi del subdolo sorgere di un regime camuffato da democrazia che, anche se di sinistra, nulla si discosta dal dilagante berlusconismo. L’equazione Italia – Berlusconi = Chiusi – Ceccobao, intuita e denunciata da alcuni, si dimostra, di giorno in giorno, sempre più vera. In questa prospettiva le originali ricchezze del paese, come il prestigioso patrimonio storico ed archeologico ed il vivace e diversificato volontariato, sono state considerate mere manifestazioni folkloristiche, disprezzate e mortificate, soprattutto quelle non in linea con quelle strategie politiche in funzione del ritorno economico di alcuni e del prestigio personale di altri.