di Carlo Sacco

  Nonostante la mia quasi totale non condivisione delle posizioni e delle interpretazioni riguardanti moltissimi fatti di politica internazionale descritte da Oriana Fallaci, mi sono sentito costretto a segnalare una raccolta di suoi scritti avvenuta post mortem dal titolo “Saigon e così sia’’ comprendente un denso reportage dal Vietnam ai tempi della guerra da metà anni ’60 alla fine degli anni ’70. Pur essendo un estremo estimatore di Tiziano Terzani proprio per il suo modo di presentare e di descrivere cose , fatti, storia, avvenimenti riguardanti la cultura e la politica asiatiche e di saperle magistralmente inserire in un contesto più alto di considerazioni tali da trasportare il lettore in mondi “onnicomprensivi”, talvolta anche apparenti fantastici , ma per chi conosce un po’d’Asia riscontrati sempre con metodologie puntuali e precise, imprescindibili da ogni altra considerazione, gli scritti della Fallaci sul libro predetto (edito da Rizzoli ) hanno destato in me un vivo compiacimento, anche se le considerazioni politiche che ne escono tendono a ruotare attorno alle vicende personali degli intervistati, personaggi comuni e non, personaggi politici di ogni livello, prigionieri americani e torturatori vietnamiti, producendo una emotiva concezione che il lettore tende a formarsi sulla “in fondo condizione eugualitaria degli uomini contro’’.

Ciò che ne esce è forse l’interpretazione delle vicende umane e personali delle vittime e dei carnefici che assumono ad ogni piè sospinto –come si dice – un ruolo alternativo poichè gli stessi carnefici diventano vittime e viceversa. Le vicende degli ‘’ uomini contro ‘’ intervistati, si colorano di una comune mano di bianco che cancella tutto e che tutto accomuna, e talvolta quello che si perde nell’accostamento sono le ragioni oggettive di una guerra che pone tutti gli uomini alla stessa stregua. Da qui Oriana Fallaci parte per farne derivare considerazioni di natura eugualitaria fra assaliti ed assalitori, fra gente di ogni risma prezzolata e pagata per dare la morte e coloro che sottostanno ad un potere ferreo per la difesa ad oltranza delle loro ragioni. Quando esiste uno scontro titanico fra ideologie non si può rimanere alla contemplazione dei morti “che sono tutti euguali poiché sono morti’’, ma il senso della vicenda umana deve assumere una scelta di campo, quale essa sia, indipendentemente dalle ragioni individuali degli uomini , poiché è chiaro che il soldato nordvietnamita che per anni trasporta armi lungo la pista di Ho Chi Minh sente il peso della guerra, è lontano dalla famiglia e dai figli e non sa neppure se un giorno li rivedrà, patisce la fame e si nasconde come un topo per sfuggire alla morte portata dai B52 americani. Il sud Vietnamita invece è usato per fare carne da cannone dal proprio governo corrotto e torturatore, un governo che all’avanzare della resa dei conti si squaglia come neve al sole poiché era sostenuto solo dai dollari e da nient’altro. Il dolore della carne martoriata è lo stesso e nulla cambia nelle vicende individuali degli appartenenti ai due schieramenti. Coercitivi gli uni e torturatori gli altri, con la differenza che il Nord lottava ed imponeva il sacrificio al proprio popolo per la riunificazione del paese ancora dagli albori della dominazione coloniale francese mentre il sud era divenuto lo strumento di potenze straniere per i loro interessi egemonici in terra altrui.

Posto che la cultura imperante è sempre quella del vincitore della prova di forza (guerra), anche la posizione della Fallaci mi sembra funzionale ad un epoca -questa- che si dimentica troppo presto di ciò che è passato, mentre dalle vicende personali degli intervistati ne fa dipendere quell’egualitarismo delle comuni condizioni che alla fine diventa di natura ‘’morale’’ dei contendenti, snaturando il valore di ciò che è alla base del comportamento umano: l’idea. Ecco perché pur riconoscendo gli indiscutibili meriti professionali, le acutezze visive e la sensibilità spiccata per le vicende umane individuali, la rivisitazione della guerra del Vietnam del libro ”Saigon e così sia” rappresenta un angolo diverso di visione della “sporca guerra” che molti dovrebbero conoscere. Brava Oriana , ma Tiziano Terzani è un’altra cosa…….