di Carlo Sacco

Alla chiusura del 2010 l’Associazione Onlus che gestisce l’Archivio Fotografico-Storico Sacco denominata ”The Face of Asia” traccia un bilancio positivo riguardante l’acquisizione di prezioso materiale fotografico-storico su diversificati fronti che vanno da tematiche riguardanti la Birmania d’Autore (articolo già apparso su Chiusinews) con ben 90 lastre positive di Klier -uno dei soli tre fotografi che hanno percorso in lungo e largo la Birmania a partire dal lontano 1880-  per arrivare ad una importante quantità di altre lastre originali che si sono aggiunte a quelle già esistenti sul tema della Prima Guerra Mondiale condotta nello scacchiere del fronte  Franco-Tedesco. Quest’ultime immagini riguardano sia gli scontri, sia le tragedie, sia la vita in trincea e nei rifugi di quella che fu la Grande Guerra e che costò la vita a più di 30 milioni di persone.Immagini inedite che possono benissimo essere impiegate in mostre molto particolari non soltanto per l’unicità e l’originalità delle immagini ma anche per le modalità con le quali possono essere portate in stampa ed esposte: lastre stereo positive la cui stampa viene effettuata su carta di cotone al 100% impiegando inchiostri a pigmenti di carbone. Stampe quindi di altissima qualità registranti immagini restaurate da supporti comunque recanti i segni inequivocabili del tempo.

L’anno 2011 è iniziato nel segno della continuità col reperimento di 26 lastre riguardanti le famose rovine di Angkor (la vecchia capitale della Cambogia sepolta dalla giungla) risalenti ad una serie di scatti degli anni 1920-1930 quando il sito archeologico era frequentato da quel flusso di borghesia francese e non solo, ma che avrebbe poi contribuito negli anni al crescente inopinabile saccheggio delle opere d’arte contese a suon di decine di migliaia di dollari a pezzo nelle aste inglesi ed americane. I reperti Khmer al giorno d’oggi sono fra i più costosi, ma all’epoca non esisteva che pochissimo controllo alle dogane in uscita dalla Cambogia. Il famoso ”Affare Malraux” ne fu un evidente testimonianza. Da queste immagini contenute nelle lastre appare un mondo ovattato fatto di grandi spazi e di costruzioni invase dalla giungla, che cadono sotto l’avanzare delle radici degli alberi di una natura in lotta perennemente contro l’opera dell’uomo. Oggi Angkor è diversa, ripulita per il turista e lasciata appositamente in certe aree come si presentava una volta,qualche decennio dopo essere stata scoperta dall’entomologo francese Henri Mouhot che cacciando farfalle s’imbattè per la prima volta nelle rovine gigantesche sommerse dall’inestricabile vegetazione.

 Qualche decennio dopo poco era cambiato, anche se gli insediamenti ricettivi cominciavano a  sorgere a pochi chilometri dalle rovine per permettere ai ricchi turisti europei ed americani di poter fruire di atmosfere coloniali e magari di recarsi a dorso d’elefante a visitare le zone archeologiche della città fantasma. Una reminescenza ingrandita e condita di fantasiosi racconti che riportavano al ritorno nelle loro nazioni, nei salotti e nei convivi dell’epoca. Ecco, le preziose immagini su Angkor di quell’epoca questo mostrano, con un insieme di viali che collegano i templi, pieni all’inverosimile di cataste di pietre di statue crollate, mura fatiscenti e luoghi in completo abbandono. La vetustà delle costruzioni ed il loro l’abbandono sotto il clima tropicale che tutto distrugge, spesso contribuiscono in certi casi a rappresentare un aria di mistero che avvolge uomini e cose. Le donne europee con i loro grandi cappelli si fanno fotografare sulle rovine, sulle statue dei demoni, accanto agli alberi giganteschi che avviluppano i templi.E’ ciò che è rimasto di epitaffio nella gelatina al bromuro d’argento, un fugace ma intenso momento fermato al cospetto di un eternità scolpita dal lavoro dell’uomo di secoli e secoli che videro l’affermarsi di una grande civiltà, il suo apogeo ed infine la caduta e l’abbandono. Tutto questo è registrato in ventisei lastre, ma altri supporti di immagini esistono nell’archivio a testimonianza di questa immane lotta ingaggiata cinque secoli or sono fra la natura e l’opera dell’uomo e che ancora oggi non si è conclusa. Chi volesse fruire dell’utilizzo di tali immagini per una inedita mostra è pregato di contattare ”The Face of Asia” sul sito www.thefaceofasia.org