di Paolo Scattoni.

Non ho mai nascosto il mio apprezzamento per l’opera svolta dal nostro Vescovo, non solo nella diocesi ma anche in  molte parti del mondo martoriate dalla guerra . Così quando ho visto la trasmissione Annozero sono rimasto amareggiato perché ho immediatamente percepito un’immagine della persona molto distante dalla realtà Oggi Padre Rodolfo sente il bisogno di chiarire.

Testo del documento

La redazione di questo comunicato ha richiesto l’attenzione al linguaggio tipico di questo genere letterario e per esso ho chiesto collaborazione a persone del settore.La sua forma stringata e fredda è naturalmente molto distante dal modo incisivo con cui molti sono venuti a conoscenza dell’evento. Amo personalmente un modo di comunicare ben diverso, dove si possa stare l’uno dinanzi all’altro, guardandosi in faccia, anche se non sempre è facile.

Molti mi hanno chiesto di dire di più, di spiegare, di raccontare con trasparenza ciò che è avvenuto e come l’ho vissuto, personalmente e da Vescovo (che è la stessa cosa!). Credo che questo sia un giusto diritto specialmente di chi cerca di comprendere senza pregiudizi o preclusioni e di tutti coloro che si sono sentiti personalmente feriti dal contenuto e dal modo con cui hanno conosciuto la notizia.

Lo faccio dicendo prima di tutto la sofferenza personale, che è resa più pesante dal pensare, che questo fatto e il modo distorto in cui è stato narrato, abbia messo in difficoltà la fede in Dio di qualcuno e la sua relazione con la Chiesa. Quello che da qualche tempo viene sottolineato e che ha elementi di verità per mettere in stato di giudizio alcuni comportamenti all’interno della Chiesa, come sottolinea il Papa Benedetto XVI, impegna alla conversione e al miglioramento.

Questo impegna me, Vescovo, a vivere la mia vita nella mia Chiesa che è una realtà familiare, in cui ognuno, prima di tutto, è una persona amata da Dio, e ognuno mi è dato da amare, aiutare, correggere e salvare come un fratello o un figlio. È la base di ogni mia relazione di Vescovo, nei confronti di ogni persona, di ogni suo gesto e parola, qui e in ogni parte del mondo.

Questo richiede attenzione, verità e carità.

Ricapitolo la vicenda, dai suoi inizi ad oggi. Nel 2007 il Vescovo uscente di Cuddapah, d’accordo col nuovo Vescovo appena nominato, mi parlò di un sacerdote (don V. B.) che doveva terminare i suoi studi a Roma. Mi informò che si trovava in India e che aveva avuto delle questioni giudiziarie (inerenti un caso di violenza privata, NdR)  negli Stati Uniti. Mi assicurava della sua innocenza, mi proponeva di accoglierlo perché potesse terminare i suoi studi trovando un servizio di collaborazione pastorale in Diocesi. Lo accolsi e, avendo ricevuto verso la sua persona giudizi positivi, dopo qualche mese lo nominai viceparroco a Sarteano perché per quanto era dato sapere non vi è stata alcuna condanna.

Tutto si è svolto alla luce del sole secondo la regolare procedura di concessione di visti e autorizzazioni delle competenti autorità statali.

La mattina del 15 aprile vengo contattato dall’agenzia Ansa di Firenze che mi informa che il caso è sulla stampa e rilascio una dichiarazione che l’Ansa rilancia subito dopo. È il giorno in cui attorno alla Curia, a Sarteano e in altre località della Diocesi, si mette in moto tutta una ricerca di informazioni. Non avvezzo a questo modo un po’ aggressivo di inseguire le notizie, rispondo consegnando un esaustivo comunicato stampa e chiedo che ci si rifaccia ad esso, non avendo altro da comunicare.

Vengono don V.B. e il Parroco don Fabrizio Ilari per confrontarsi con me. Confermo il comunicato e l’invito di rimandare ad esso. Informo la Congregazione per la Dottrina della Fede e mi metto in contatto con il Vescovo di Cuddapah, che essendo l’Ordinario di don V.B. ha tutta la competenza per condurre la questione.  Egli consiglia di chiedere al sacerdote di rientrare in India. Don V. B. è d’accordo e mi chiede di sollevarlo dall’incarico, continuando a proclamarsi innocente e addolorato per quanto si è creato proprio nei confronti di chi lo aveva accolto e della gente per la quale aveva lavorato con dedizione. Lasciava l’Italia il 16 aprile.

Quella stessa mattina era già programmato il Consiglio Presbiterale, al quale mi dovevo necessariamente recare. È proprio quando sono uscito in macchina dal cortile dell’episcopio, per andare a presiedere la riunione programmata, che la troupe Rai (di Anno Zero) ha ripreso la mia auto seguendola per qualche metro. Visto l’uso e la ricostruzione del fatto, sarebbe stato forse meglio fermarsi e riaffermare quanto già loro comunicato, ma lo stato d’animo in quel momento era abbastanza teso e il modo di “aspettarmi al varco”, non mi era piaciuto.

Le altre immagini e le parole registrate e trasmesse, raccolte anche in modo discutibile, sono confuse e totalmente non condivise, legate alla responsabilità personale di chi le ha pronunciate. La vicenda si è amplificata in seguito alla trasmissione di Anno Zero nella puntata del 20 maggio e alla sua diffusione in Internet.

Sempre rimandando a quanto dice il Comunicato, credo utile aggiungere qualche riflessione.

- Credo in una informazione che non nasconda in alcun modo la verità, ma anche che sappia cercarla senza fermarsi ad affermazioni o a letture parziali di un fatto.

- Siamo tutti (vescovo, sacerdoti, laici, persone, istituzioni…) collocati da Gesù a vivere il Vangelo in questo mondo, dentro una realtà e la viviamo come tutti, forti di grandi esempi di santità, ma purtroppo anche con la possibilità di errori, di peccato, di reati da correggere e anche da perseguire.

- Tutto questo senza coprire o chiudere uno o due occhi, ma usando sempre carità e verità, sempre distinte e sempre collegate. Mai nessuna intenzione di nascondere, ma sempre affermare ciò che è vero, sicuro e documentato, prima di tutto nella più profonda e forte solidarietà al dolore di chi è vittima, ponendosi anche il problema di chi viene posto sotto accusa, ma non è dichiarato colpevole.

Questi principi di comportamento richiedono di essere netti e chiari, con disponibilità e trasparenza, senza pregiudizi o tesi da imporre e difendere solo perché fanno comodo o toccano e criticano alcune realtà a noi più care.

Carissimi tutti, sacerdoti e fedeli e anche tutti coloro che in qualche modo siate stati toccati o raggiunti da questa vicenda: è una sofferenza che ha colpito tutti e ne subiamo le conseguenze. Quanto ho detto corrisponde alla verità che ho potuto conoscere, ma c’è anche la verità di ognuno e delle relazioni di fiducia che dovrebbero animare e sostenere ogni realtà umana e ancor più cristiana, a proposito delle quali posso dire solo la mia condivisione e la mia disponibilità a approfondirle. Non posso certo raggiungere quanti raggiunti dalla vicenda via TV o Internet, ma con umiltà e fiducia offro queste parole scritte.

Ringrazio quanti hanno voluto esprimere fiducia e aiutarmi a leggere questa vicenda, ma penso a quanti dovrei e vorrei aiutare a superare quanto è stato creato alla loro coscienza e alla loro fede e appartenenza alla Chiesa.

Ho promesso ad alcuni giovani, che lo hanno chiesto, di incontrarli appena possibile.

Là dove non arriva il mio tempo e la mia persona, prego Dio e ognuno di voi di operare e pregare perché questa vicenda ci aiuti a essere più forti nella verità e a servire sempre il Bene in tutto e per tutti.

+ Rodolfo Vescovo