di Gabriele Baglioni

Sicilia, 23 ottobre 1958: alle elezioni amministrative la Dc si presenta scissa in due tronconi, uno rappresentato dal candidato ufficiale del partito, l’ altro dal ‘dissidente’ Silvio Milazzo. Vincerà quest’ ultimo, e diventerà Presidente della Regione Sicilia (per poco, invero), con i voti dei ‘suoi’ democristiani, dei monarchici, dei socialisti e con l’ appoggio del PCI e del MSI (sic!). L’ allora segretario regionale del PCI, Emanuele Macaluso, sostenne che la picaresca allenza fu messa in piedi ‘ in nome dei superiori interessi dei siciliani’.

E’ vero, per citare Bufalino, che ‘ogni siciliano è, di fatti, una irripetibile ambiguità psicologica’, ma qui da noi, in terra toscana, a me spesso sembra di essere “la banda dell’Antella, dove ognuno suonava per conto suo”, per parafrasare i fiorentini: un po’ come in Sicilia, insomma. Qui, nella commistione più inestricabile e baroccheggiante di sinistrorsi riabilitati e fulminati sulla via del riformismo (ma non era una parolaccia?) e di personaggi curiali illuminati dal socialismo europeo (una volta si sarebbe detto ‘miglioristi’, una volta per l’ appunto, cioè trent’ anni fa!), tutto diventa scontato. Ovvero, cambia tutto, e tutto rimane come prima. Il consenso pure.

E’ vero, non siamo ai livelli dell’ adiacente verde, paradisiaca e politicamente corretta Umbria (Veltroni, che vedeva nell’ Umbria “uno dei simboli del Paese che vogliamo”, iniziò la campagna elettorale del 2008 a Spello). Non possiamo d’ altronde competere con l’ esempio della Provincia di Perugia dove, non vorrei sbagliarmi, tra il 2008 e il 2010 si è edificato più che in quella di Napoli!!! Però certe cose non possono non stupire: edifici pubblici riedificati completamente, e a regola d’arte, per la verità, ma nemmeno lontanamente dotati di impianti fotovoltaici e a risparmio energetico (quelli sì, europei e riformisti!!!). E che dire del piano regolatore presentato dall’ amministrazione e dall’associazione commercianti assieme sullo stesso tavolo? Episodi questi che destano stupore, ma in pochi…colpa dei troppi? No, non penso. Magari assuefazione, e tendenza a confermare la fiducia a chi la fiducia l’ ha avuta per cinquant’ anni. E allora tutti insieme, giovani e meno giovani, per usare un eufemismo, a far rivivere nelle giornate di voto “La giornata di uno scrutatore” di calviniana memoria. E a leggere, il giorno dopo, gli scrutini di una votazione che  ha eletto un’ amministrazione che contiene al suo interno i fedelissimi, i fedeli, i dissidenti, i miglioristi e i mancati candidati dell’ opposizione altrimenti destinati ad damnatio memoriae, come nella Sicilia di sessant’ anni fa.

Io però ho 28 anni: non mi va di non votare (non sono abbastanza vecchio da potermi concedere questo lusso) e non ho voglia – o coraggio, tenacia, fate voi – di lottare contro i mulini a vento.
In queste poche righe in vista delle prossime elezioni amministrative, confido impressioni, sentori, considerazioni insomma. Ma faccio di più: metto in offerta il mio voto, solamente però a chi prevede che non prenderà più di un consigliere.