di Alvaro Passeri

Le carte finalmente sono in tavola ed il quadro si è fatto improvvisamente più chiaro. Le assemblee del Pd hanno finalmente avuto luogo e per quanto riguarda le candidature quattro sono i nomi che sono stati proposti: Marco Ciarini, Massimo Giulio Benicchi, Stefano Scaramelli e Gisella Zazzaretta. E’ assai improbabile che qualche altro nome possa entrare in gioco dopo che gli iscritti del partito si sono espressi.

Ovviamente il gruppo dirigente nell’individuare il nome giusto dovrà tener conto di vari fattori e la scelta non si presenta facile come potrebbe sembrare a prima vista. In una campagna elettorale che finora ha stentato a decollare le maggiori difficoltà le ha avute proprio il partito di maggioranza. Un partito diviso da lotte intestine come non mai e che con l’operazione Gazzettino le ha messe in piazza senza ritegno. La ricomposizione non sarà facile e proprio i due nomi fatti circolare in modo informale (Ciarini e Scaramelli) appaiono, alla luce dei fatti i più deboli perchè in questi mesi di lotte sotterranee hanno sferrato tanti di quei colpi bassi, senza mai parlare chiaramente all’opinione pubblica, che la candidatura di uno dei due apparirebbe per quello che è: una pace armata, frutto di una spartizione di potere che danneggia il Pd ma soprattutto Chiusi.

Hanno giocato malissimo le poche carte che avevano in mano ed ora che il sipario si è alzato i due, che fino ad oggi se le sono date dietro le quinte, appaiono obbiettivamente ammaccati e provati da una guerra guerreggiata e non dichiarata. I curriculum non entusiasmanti e il pessimo atteggiamento tenuto in questi mesi da Ciarini e Scaramelli, quando è successo di tutto (dai comunicati ballerini, ai numeri del Piano Strutturale fino all’operazione Gazzettino), pongono il Pd più che di fronte ad un bivio, di fronte ad una vera e propria questione morale

Ripiegarsi su se stesso e procedere alle solite spartizioni interne con la benedizione dei ben noti ambienti interessati o aprirsi alla società e avviare un nuovo corso di verità e partecipazione di cui la città ha un disperato bisogno. Nei prossimi giorni si vedrà se il gruppo dirigente di quel partito saprà optare per una scelta coraggiosa e lungimirante (i nomi nuovi tra cui scegliere ora ce l’ha!) o se, impaurito, si arroccherà ancora di più a difesa degli interessi di pochi puntando su chi ha già dimostrato quanto poco può dare a questa città L’alternativa è secca: O si sta con il popolo dei questionari e la gran parte della città che chiede discontinuità e cambiamento o si premiano quelli che vogliono continuare a manovrare nell’ombra (come con i numeri del Piano Strutturale e con il Gazzettino) e si aggrapperebbero anche ad un fiduciario di Ceccobao pur di continuare una stagione nefasta per Chiusi ma non per loro.